La storia della villa

Villa Melsi a Buttrio, la sua storia.

villa Tellini - stemma

Villa Tellini

Prima di arrivare alla svolta che immette nella stradina diretta al “palazzo” de Marchi-Ottelio, la strada extraurbana che attraversa i colli buttriesi diretta a Premariacco e Manzano lambisce un altro edificio di una certa rilevanza: Villa Tellini.
Fatta costruire come casa padronale dall’omonima famiglia “udinese” la seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del secolo scorso (ma in loco pare stesse qualche fabbricato già nel XVIII sec.: proprietà Zuttioni?), essa è tutta circondata dalle indispensabili pertinenze – rustici e fabbricati di servizio da una folta vegetazione, costituita perlopiù da piante sempreverdi d’alto fusto. In effetti, nel XIX secolo qui fu realizzato su progetto dell’architetto milanese Giuseppe Rho (lo stesso che ideò i “giardini” delle ville di Toppo a Buttrio, Giacomelli a Pradamano, de Brandis a San Giovanni al Natisone ecc.) un vasto parco di gusto romantico, nel quale – proprio come in quello ben più celebrato e noto della grandiosa villa dei conti di Toppo – trovò pieno sviluppo l’abbinamento di giardinaggio e frutticoltura: tra le diverse e numerose essenze boree ammesse secondo la tradizione o accolte per la loro esoticità nei grandi “giardini” privati recintati e percorsi da vialetti, attecchì una ricca “coltivazione” di fiori e frutta (aiuole; prati con decori floreali; piante ornamentali; alberi da frutto) secondo i dettami della ferme ornée e i criteri degli <effetti calcolati> riproposti anche dall’udinese Andrea Scala nei suoi scritti sull’edilizia rurale.
Nel 1862, il rifacimento e ampliamento della stradina proveniente da Vicinale e diretta ai Ronchi (opera promossa dai conti Ottelio e dagli stessi Tellini) permise di migliorare i collegamenti fra il paese e la villa, che trassero ulteriore giovamento dalla contemporanea costruzione del ponticello sul Riul.
Con le sue caratteristiche murature in pietra a vista e le altrettanto inconfondibili aperture disposte in gran nu­mero su tutti i lati, ancor oggi il corpo centrale si eleva di quattro piani fuori terra e sporge rispetto alle più basse ali laterali (pianterreno e due piani alti) sul lato settentrionale, ombreggiato retro dell’edificio eppure primo ingresso alla villa dalla strada pubblica, poiché la fac­ciata principale – occultata alla vista dei curiosi – rivolge a mezzogiorno le balco­nate del piano nobile, panoramicamente affacciate sui colli antistanti.
immagine bianco-nero della villa
Dopo la Grande Guerra (durante la quale già aveva ospitato una parte dell’o­spedale da campo n. 222), in considera­zione della sua ubicazione in una zona particolarmente salubre, il complesso fu acquistato da una società anonima e rimaneggiato in modo tale da poter essere riutilizzato come centro per la cura delle malattie respiratorie: il nuovo sanatorio femminile (con settanta posti-letto) iniziò ufficialmente la propria attività nel 1928 e continuò a funzionare fino al 1963 fra alti e bassi (nel 1944, quando era diretto dal professor Ferdinando Taddei, vi si installò un reparto di sanità tedesco che ne dimise i degenti tranne quelli gravi, inviati a villa Ottelio).
foto giardino della villa
La casa di cura fu detta “villa (di salute) Belvedere” essendo parti­colarmente apprezzata non soltanto per la salubrità del clima e la validità del personale, ma anche per la sua collocazione in un punto sopraelevato in grado di consentire un’ampia e suggestiva veduta d’insieme sul territorio circostante, naturale e antropizzato (vedi foto in alto).
Chiuso il sanatorio, dal settimo decennio del Novecento il complesso ri­mase disabitato e in stato di abbandono per meno di un decennio, dopodiché almeno una parte del corpo principale trovò una nuova destinazione d’uso: per oltre trent’anni, infatti, nel sotterraneo della villa ha funzionato un loca­le notturno (“Conte di Montecristo”) che ha consentito di ammirare le volte dell’originario seminterrato. 

Per il resto, l’ultimo piano del nucleo dominicale ha servito da residenza per i gestori del night-club, ma ora assieme a tutti gli altri ambienti 
Antico panorama della villa
attende un reimpiego, dopo lo svuotamento avvenuto durante una “ristrutturazione” avviata negli anni Settanta del secolo scorso e mai con­dotta a termine. All’esterno, i vecchi fabbricati di servizio sono stati comple­tamente risistemati da un’impresa edile che li ha destinati a nuovi usi abitativi.
foto villa Tellini

Tellini

Il cognome deriva probabilmente dal diminutivo (Tellìn) dell’abbreviazio­ne (Tèl) del diminutivo-vezzeggiativo (Battistèl, Donatèl ecc.) dei nomi di per­sona più o meno noti (Battista, Donato, Adeodato ecc.), benché non si possa completamente escludere una derivazione dall’antico nome personale Tello o dal diminutivo (Tellìn) della forma aferetica (Tèl) dell’ipocoristico (Pontèl o Puntèl) del nome personale Pantaleòn(e). Pare più diffìcile, almeno nella no­stra regione, che si tratti di un etnico lombardo (da Valtellina o da Teglio in provincia di Sondrio).
Presente sporadicamente in Friuli, esso è però ben più diffuso in Toscana e nel mantovano, zone dalle quali si potrebbe dunque presumere che si sia­no mossi alcuni membri della famiglia per raggiungere l’area altoadriatica. Se così fosse, lo stemma del casato in questione sarebbe quello che qui si pro­pone e si blasona, con evidente riferimento alla “tellina” (conchiglia).

Mentre un Pietro Tellini, Tellino o Tilino, nativo di Cormons fu attivo come scultore e intagliatore a Udine fra il 1588 e il 1621 (lavorò anche alla costruzio­ne del nuovo palazzo patriarcale, dove si occupò dei lavori in legno insieme a mistro Gasparo; dalla moglie Elena ebbe due figli e altrettante figlie), il com­merciante palmarino Giovanni Battista Tellini, classe 1823, pur autodidatta, fu appassionato dantista e studioso entusiasta di storia della scherma.
Ancor più celebre fu alla fine del XIX secolo il professor Achille Tellini, geologo, naturalista, esperantista e – oltre a molte altre benemerenze – primo “scopritore” (come scrisse Gino di Caporiacco) dei castellieri friulani.

Oltre a possedere per un certo tempo la villa di Manzano costruita dai Della Savia (1907) e poi passata ai Verzegnassi, la famiglia Tellini ebbe in pro­prietà per un breve periodo anche l’attuale sede della Provincia di Udine, il palazzo fatto costruire dalla famiglia Antonini, passato poi ai conti Belgrado, quindi alla famiglia Jesse e appunto ai Tellini, che nel 1891 lo vendettero infine all’Amministrazione Provinciale udinese.
Antica foto della villa
Nel frattempo, durante l’anno 1862 la famiglia Tellini aveva appoggiato i conti Ottelio nell’opera di ampliamento della «antica stradicciola che da Vici­nale sale verso i Ronchi».

Nel 1905 Emilio Tellini assunse provvisoriamente la carica di sindaco, che gli fu confermata nel quadriennio seguente, dopo il commissariamento dell’amministrazione municipale.

A Tricesimo si trova il monumento funebre della famiglia, opera dello scul­tore Valerio Franco.

STEMMA: d’azzurro alla fascia di rosso accompagnata in capo da tre conchiglie (“telline”) d’argento male ordinate e in punta da tre calzaretti d’oro.
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